La ragazza sta con le sue due amiche seduta sui divanetti del locale. C’è un gruppo sul palco, è la prima band di un contest cui partecipano altri gruppi locali. Il cantante di questa band scimmiotta qualche cantante famoso, però alla ragazza non viene in mente chi. E’ pieno di sé il cantante, davvero troppo. Ci crede tantissimo, quel tantissimo che poi storpia.
La ragazza sta tra le sue due amiche. Sta nel mezzo. Sta bevendo una birra media alla spina. E’ leggermente brilla, perché quella è la seconda doppio malto che si beve. E lei in pratica è a stomaco vuoto.
La ragazza ride, ogni tanto una delle sue due amiche fa una battuta che la fa ridere. Adesso, per esempio, ride perché il cantante ha annunciato il titolo della loro prossima canzone “L’amore ai tempi di Facebook”, e una delle sue due amiche commenta sarcastica “Cazzo, titolo proprio originale, eh?”.
Parte la canzone dal “titolo proprio originale”, e non si capisce niente perché la musica è troppo alta e il locale troppo piccolo. Alla ragazza sembra che quelle canzoni, quelle parole, quei suoni, quella musica siano come sporche.
Non c’è molta gente lì, nel locale. La ragazza pensa che se non fosse seduta tra le sue amiche, forse avrebbe quasi freddo. Molte delle persone in piedi che assistono il concerto hanno ancora su il giubbetto.
Entrano due ragazzi. Guardano un po’ verso il palco e tra le persone che ci si trovano davanti, guardano al bancone del bar, e poi le vedono. Si vedono. Le amiche della ragazza li salutano. I ragazzi si avvicinano. Uno prende posto di fianco ad un’amica della ragazza, e uno di fianco all’altra.
La ragazza ora è ancora di più al centro. Al centro di tutti.
Ci sono le presentazioni.
Le amiche della ragazza hanno conosciuto quei due qualche sera fa, sempre lì. Lei quella sera aveva da studiare per l’esame di Patologia, e non è uscita.
Le sue amiche, piano piano, iniziano a parlare ognuna solo con il rispettivo vicino.
La ragazza non sapeva che quei due sarebbero arrivati, sennò nemmeno sarebbe uscita. Probabilmente nemmeno le sue amiche lo sapevano, forse tutto è capitato per caso. O forse no.
Ora la ragazza non parla con nessuno. Non ride. Beve e guarda il palco. Guarda quel tipo che nonostante canti di merda e scriva canzoni dal titolo scontato, ha il coraggio di mettersi in gioco. Di fronte a delle persone, da un palco. Non è da sottovalutare questa cosa, pensa tra sé e sé la ragazza. Come non è da sottovalutare che le tue amiche, a volte, sanno essere davvero stronze, continua a pensare.
Vorrebbe alzarsi perché tra poco accanto a lei inizierà la fase del pomicio selvaggio, e non le va proprio di stare lì in mezzo, ma pensa anche che lì non conosce nessuno, e non le va di stare in piedi in mezzo a degli sconosciuti.
Così resta seduta, continuando a bere la sua birra media e a giocare a bocca chiusa con la lingua, cercando di contarci i denti uno ad uno. E una volta finito, ricominciare.
Guarda le persone che guardano il concerto. Guarda un ragazzo che invece sta guardando lei. Lui le regge un po’ lo sguardo, poi i suoi occhi cambiano direzione. Non sei male, pensa, come se ci stesse davvero parlando. Chissà com’è questo tizio, si chiede. E si risponde che, ora come ora, non gliene ne frega proprio un cazzo.
Si accorge che ha una voglia. Così, dal nulla, alla ragazza le vanno delle noci.
Una fottuta e inspiegabile voglia di noci.
Noci.
Le sembra assurdo, ma darebbe qualsiasi cosa per mangiarne un po’. Lì. Ora.
Come è possibile, si chiede. Ci pensa un po’ su, poi si ricorda di una cosa che ha letto tempo fa. Del fatto che le noci sono considerate “il cibo del cervello” perché contengono vitamina E e vitamina B6 che sono un’ottima fonte di nutrimento per il sistema nervoso. E che, sempre le noci, possono anche aiutare a correggere i livelli della sostanza chimica del cervello che controlla l’umore, la Serotonina.
Che poi le noci hanno una forma molto simile al cervello, pensa.
Noci.
Che voglia che ha.
Una fottuta e parzialmente spiegabile voglia di noci.
La ragazza si alza. Le sue amiche, con le lingue di quei due in bocca, non se ne accorgono.
Dà un ultimo sguardo alle persone che stanno guardando il concerto e a quel ragazzo che di nuovo la sta guardando, ma che subito si gira appena i loro occhi si incrociano.
Va verso l’uscita, che poi è anche l’ingresso del locale.
Qui non c’è nessuno. Apre la porta con i vetri appannati per uscire, ma fuori ora sta piovendo. Sta piovendo forte.
La ragazza richiude la porta, si sistema meglio, si copre con più cura e si tira su in testa il cappuccio del giubbetto. Fa per uscire, poi si blocca. Rimane lì, non esce subito. Perché magari spiove, spera.
Si tira giù il cappuccio, prende fuori il telefono, e scrive qualcosa. Sta per premere invio, poi ci ripensa, cancella tutto e rimette il cellulare in tasca.
Sempre dalla tasca prende fuori una gomma da masticare e se la mette in bocca.
Poi, con l’indice, scrive sul vetro appannato della porta questo
Ho visto giorni migliori
pare tu abbia gli occhi grandi
per vederli anche tu*
Dopo si rimette il cappuccio, apre la porta ed esce. A cercare noci.
FINE
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