a Ciri
Fa freddo, molto freddo.
Ho paura, molta paura.
E sono stanco, molto stanco.
L’unica cosa che mi da forza è il desiderio di proteggerti. Così, dormi amore mio, dormi tranquilla, che ci sono io qui a vegliare su di te.
Da quassù si vede un bel panorama di giorno: si riesce a vedere tutta la valle per intero. Peccato che ora è notte e non c’è nemmeno un accenno di luna. E così si vede poco e niente. Più niente, che poco. I paesi a valle, ormai disabitati, sono difficilmente distinguibili senza neanche un lumicino acceso.
I miei occhi, invitati anche da tanta oscurità, provano a chiudersi con cadenza regolare. Ma devo restare sveglio e rimanere qui, all’ingresso di questo buco nella roccia che abbiamo trovato. Qui non ci troveranno. O almeno lo spero. Avrebbero un bel da cercare, e se anche ci trovassero, avrebbero comunque un bel da fare per arrivare qui: ce l’abbiamo fatta noi con non poche difficoltà, figurarsi loro… Certo, il vantaggio di essere in un posto quasi irraggiungibile, porta con se lo svantaggio di non riuscire ad avere un accesso facile a cibo ed acqua, ma per ora è meglio accontentarsi. Domani vedremo il da farsi. Per ora, dormi tranquilla amore mio, almeno tu. Ci sono io a fare da guardia. Non so quanto resisterò, ma ci proverò. Con tutte le mie forze. Te lo prometto.
Qualche cane sopravvissuto, forse per la mancanza del padrone, latra in lontananza. Penso che non può fare di meglio per farsi trovare. E infatti ora lo sento guaire, e capisco che probabilmente questo è l’ultimo verso che emetterà.
Dio quanto vorrei una sigaretta. Anche se sono anni che non fumo più, credo che ora sia il momento giusto per ricominciare: morire per una malattia causata dal fumo di sigaretta, ora, mi preoccupa molto meno che morire per mano di quelle cose che si aggirano ormai dappertutto. E non so perché, ma ripenso alla mia prima boccata di sigaretta: per quanto tossii, pensai che un polmone mi sarebbe uscito dalla bocca di lì a poco. Ci misi un sacco di tempo prima di riuscire a fumare senza avere giramenti di testa o nausea, o entrambe le cose. La prima volta che finii una sigaretta intera, non mi sentii affatto bene: mi veniva da vomitare. Una reazione più che comune, e allora mi chiedo come sia riuscito a diffondersi il vizio del fumo dal momento che non provoca un piacere immediato, ma tutt’altro, e che per diventarne dipendenti ce ne vuole di tempo – almeno un po’. Forse i primi a diventare dei tabagisti erano dei masochisti cui piaceva quasi strozzarsi aspirando il fumo del tabacco bruciato. Poi, involontariamente o meno, lanciarono una moda e, nonostante lo schifo iniziale, gli altri, la massa, si imposero di seguire la moda, e dai e dai, alla fine riuscirono a prender il vizio anche loro. Fino a noi. Si sa, gli uomini sono come le galline: caga una, cagano tutte.
E mi viene anche in mente che forse le sigarette non sono altro che un modo dell’uomo per appagare, seppur in maniera minore, uno dei suoi bisogni ancestrali, qualcosa che da quando lo ha scoperto, difficilmente se ne è staccato: il fuoco. Un bisogno antico come la caccia, ma con un scopo diverso, contrario: quello di scacciare bestie feroci. Forse le sigarette hanno avuto questo gran successo proprio per questo: perché sono una sorta di fuoco pret-a-porter.
Oh, quante cazzate mi vengono in mente, e davvero bastasse un fuoco adesso per scacciare quelle cose… Beh, sicuramente però darebbe un po’ di calore perché Cristo se è freddo! Sì, è vero, potrei entrare nella grotta, che è sicuramente meno fredda di dove sono ora, ma non potrei accorgermi se dovesse arrivare uno di quei cosi. E qua fuori, da solo, abbracciato a me stesso per scaldarmi un po’ e sul chi va là ad ogni minimo rumore sospetto, appena finisco di pensare alle sigarette, mi ritrovo a farmi le stesse domande che mi pongo da un po’ di tempo ormai: quando e come è iniziato tutto questo? Finirà mai? E più passa il tempo e più non riesco a dare una risposta alla prima domanda. E rispondo in maniera sempre più negativa alla seconda.
Maledetti, scrittori, registi, sceneggiatori e tutti quei fanatici del cazzo. Non sono un tipo scaramantico io, ma credo che siano stati loro a tirarcela. Per me la colpa è anche la loro. Tutta quella passione del cinema e della narrativa per gli zombies. Oh, maledetti. A forza di invocare albi, notti, e pomeriggi dei morti viventi nella fantasia, ecco a cosa siamo arrivati: che la fantasia è diventata realtà. Spero che li abbiano fatti fuori tutti a quei maniaci dei morti-che-camminano del cazzo. Volevate gli zombies? Eccoveli serviti! Ma ora, cari miei, non sono più su pellicola o su carta stampata. No, ora sono veri. Reali. E se non è già successo, c’è da aspettarsi qualcuno di quegli scrittori o registi sarà contento quando uno di quegli affari gli afferrerà un braccio o una spalla e ci affonderà dentro i propri denti. Mi immagino la gioia di George A.Romero. Sarebbe un po’ come se Bram Stoker venisse morso da Dracula.
Zombiofili del cazzo.
Non so se ci sarà mai un lieto fine a tutta questa storia. Non credo, perché non credo che nessuno stia studiando qualcosa per guarire questi questi “malati”. Non credo che nessuno dei sopravvissuti – se ce ne sono ancora – stia cercando soluzioni. Semmai sta cercando solo di sopravvivere. Come noi. Penso che ormai sia tutto solo un tirare a campare. Se qualcuno di sano è rimasto, se ne sta sicuramente nascosto tutto il giorno da qualche parte, attento a non farsi vedere o sentire da quei mostri.
Probabilmente è questione di poco, e la terra sarà solo un ammasso di carne morta che cammina. Chissà cosa penseranno gli alieni quando verranno a visitare il nostro pianeta e lo troveranno dominato da questi esseri che si trascinano per strada reggendo la propria anima con i denti? Forse niente di molto distante da quello che avrebbero pensato se fossero venuti a farci visita prima che tutto questo succedesse.
I miei occhi si vanno chiudendo. Capisco che è impossibile tenerli aperti. D’altronde sono quattro notti filate che non dormo. ‘Fanculo: se proprio non posso fare a meno di dormire, tanto vale che lo faccia accanto a Lei. Così entro nella grotta e mi stendo.
Lei, continuando a dormire, si muove un po’ nel sonno quando sente che la abbraccio, e fa un lungo respiro col naso mentre le sussurro: ”Dormi tranquilla amore mio, perché…” e mi fermo a ricordare le parole di una canzone che mi piaceva quando il mondo era normale, poi continuo: “…mentre dormi ti proteggo.”
O almeno ci provo.
FINE
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