Il Problema di Mio Nonno

1.

“Prima della malattia, non mi era mai passato per la testa di andare a puttane”, così mi ha detto mio nonno.
Poi è arrivata quella maledetta cancrena alla gamba sinistra.
“Bisogna amputarla” disse il medico senza tanti giri di parole. E amputarono.
“La prima volta che ho visto quel moncone che arrivava poco più giù dell’inguine, ho vomitato. Tutto addosso al dottore!”, così mi ha detto mio nonno.
Così, da un giorno all’altro, si è ritrovato con una gamba sola. E solo: mia nonna se n’era andata da un po’ ormai. Era scappata con un vecchio pittore francese.
“A tua nonna è sempre piaciuta la pittura, le vernici, ma soprattutto i pennelli”, così mi ha detto mio nonno.
Comunque all’inizio il dolore è stato tanto. Per la gamba, non per la nonna. Nemmeno la notte trovava pace: faceva sempre sogni in cui aveva ancora la gamba.
“Erano così reali, che magari mi svegliavo per andare a pisciare e cadevo: scendevo sempre con la gamba sinistra, convinto di averla ancora”, così mi ha detto mio nonno.
Poi, passato il dolore acuto, con la mente più lucida, si è accorto di una cosa. Una cosa strana per uno di novant’anni.
In principio ha pensato fosse l’effetto dei farmaci. Ma i medici lo hanno escluso. Poi che fosse qualche disfunzione organica. Ma i medici lo hanno escluso. Ha fatto decine di esami, ma i medici hanno escluso tutto quello che c’era da escludere. Così ha provato con una vecchia del paese, una mezza maga. Una che fa malocchi, fatture e cose simili. Si sa, quando la conoscenza della scienza viene meno…
“Quando sono entrato, la strega mi ha fatto: ‘Qual è il tuo problema?’, e io: “Ma non sei una maga? Non dovresti già saperlo?”, in ogni caso, reggendomi con le stampelle, goffamente mi slacciato i pantaloni e le ho tirato fuori il mio problema, il mio ingombrante problema”, così mi ha detto mio nonno.
La maga a quella vista quasi è svenuta. Quando si è ripresa ha detto a mio nonno che, secondo lei, il sangue che prima circolava nella gamba ha trovato come unico sfogo il suo uccello. Secondo la maga, è un eccesso di sangue nel corpo a provocargli quell’incredibile e perpetua erezione.

Con quel vistoso rigonfiamento nei pantaloni è diventato imbarazzante fare qualsiasi cosa per mio nonno. Il fatto di essere senza una gamba è passato in secondo piano.
Come soluzione ha anche provato ad attaccarsi il pene alla gamba sana con del nastro, ma la situazione non è cambiata in meglio.
“Tutti gli altri vecchi mi dicono che sono fortunato, ma solo io so quanto soffro: addormentarsi a pancia in giù, a pancia in su, stare seduto, pisciare…qualsiasi cosa è insopportabile con quest’affare così grosso e duro nelle mutande”, così mi ha detto mio nonno.
Ha provato qualsiasi cosa che possa dargli un po’ di “tregua”. Ha preso di nuovo a fumare. A bere. A prendere tutto ciò che possa portare impotenza – da quando ha sentito dei danni che i cellulari causano al sistema riproduttivo, tiene sempre in tasca un telefonino.
Ora è convinto che se riuscisse a raggiungere un orgasmo in qualche modo, riuscirebbe ad avere un fisiologico momento di pace. Ne è certo.
Ha provato a masturbarsi, ma l’artrosi non gli permette una buona mobilità del polso, così dopo pochi tentativi ha lasciato perdere.
“Ho provato anche a corteggiare qualche vecchia al centro anziani, ma nessuna vuole sbattersi un vecchio monco come me. Devo scopare però. E’ per questo che ho deciso di andare con una puttana.”, così mi ha detto mio nonno.

2.
Siamo in macchina, io e lui. Lungo questo viale vediamo cosa hanno da offrirci i vari clan della prostituzione: quello nigeriano, quello albanese, quello rumeno…
Carichiamo in macchina una ragazza. Dice di essere moldava. Avrà una trentina di anni. Dice che non vuole fare cose strane. Non vuole che il vecchio ci guardi mentre io e lei scopiamo.
Le spiego che non deve fare nulla di strano. Le dico che non è con me che deve fare sesso, ma con mio nonno.
Ride.
Scendo dalla macchina. Prendo in braccio mio nonno e lo adagio nel sedile posteriore. Sembra un bimbo.
Mi allontano di una trentina di metri.
Mi siedo al margine di questa stradina di campagna. Ora mio nonno e il suo gigantesco problema sono soli con la ragazza moldava. Io, aspetto.

Lo sportello della macchina si apre. Scende la ragazza. È nuda. Le vado incontro.
“Tuo nonno! Tuo nonno! Fatto amore, poi male! Male!” dice la ragazza.
Corro verso la macchina. C’è mio nonno. Nudo. Lo chiamo, ma non risponde. Ha gli occhi sbarrati. Appoggio un orecchio sul suo petto: il cuore è fermo. Non respira. Tento una specie di massaggio cardiaco. Inutile. Se dovessi usare una parola userei: MORTO.
Come nei film, con l’indice e il pollice gli chiudo le palpebre.
Guardo in basso: il suo enorme problema è diventato minuscolo. Il suo uccello finalmente si è acquietato, è moscio come dovrebbe essere quello di uno della sua età. Rimango un attimo a guardare quel mucchietto di pelle raggrinzita. C’è qualcosa che non torna però. Avverto qualcosa di strano nel mio campo visivo. Sembra esserci qualcosa in più. No, non posso crederci. Non può essere vero, ma la tocco ed è reale. Se dovessi usare una parola userei: GAMBA. Se ne dovessi usare un’altra userei: RICRESCIUTA.
Guardo la faccia di mio nonno. Sul suo viso regna uno stupendo sorriso. Se dovessi usare una parola userei: SODDISFATTO. Se ne dovessi usare un’altra userei: BEATO.

Creative Commons License
Il Problema di Mio Nonno by Jacopo Marocco is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported License.
Permissions beyond the scope of this license may be available at jacopo_marocco@libero.it.

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