Il mio mese di agosto

Dinosauri-foligno_civitanova marche_jacopo_maroccoIl mio mese di agosto

Il mio mese di agosto è stato totalmente assorbito dal completamento dei lavori sulla strada Strada Statale 77, la strada che tutti stavamo aspettando. La strada che ti porta al mare in un attimo. Forse anche meno di un attimo.

Conosco un tizio che è partito Continua a leggere

Cujo

cujo-stephen-kingScese in fretta le scale, senza fare rumore con i piedi scalzi. Seguì Brett in cucina. Indossava solo i pantaloni del pigiama di colore celeste, con i lacci bianchi di cotone che gli pendevano dalla vita poco sotto il cavallo. Anche se non si era ancora a metà dell’estate, era già molto abbronzato perché era scuro di carnagione, proprio come suo padre.
Si fermò sulla soglia a osservare il suo profilo illuminato da quella stessa luce brillante e rarefatta del mattino sereno. Lo vide cercare lentamente lungo lungo la fila di pensili sopra il fornello, il piano della cucina e il lavello. Aveva il cuore pieno di meraviglia e di paura. E’ bello, pensò. Tutto quello che c’è di bello, o per meglio dire che c’era, in noi, adesso è in lui. Fu un momento che  Continua a leggere

Il ragazzo della stanza numero 16 (quarta e ultima parte)

Non so quanto ci mise, so solo che fu terribile: nella mia mente solo pensieri terribili ed angosciosi, però poi tutto scemò. Non mi calmai completamente, perché continuavo a sentire quel pianto, ma se non altro ora riuscivo a pensare in maniera più razionale.
In uno sprint di coraggio, ora che il panico si era placato, decisi di andare al bagno, verso la fonte di quel lamento. Uscii dalla mia camera e accesi la luce del corridoio: non c’era nessuno, tutti erano nelle loro stanze: mamma e papà nella loro, James nella sua.
Attraversai il corridoio ed andai in bagno. Poco prima di oltrepassare la soglia della porta però, il lamento cessò. Trassi un profondo respiro ed entrai.
Accesi la luce ma non c’era nulla. Solo una terribile puzza di continua a leggere…

Il ragazzo della stanza numero 16 (terza parte)

Dovetti lottare per resistere alla tentazione di gettare via anche quel pezzetto di carta: anche se il solo pensiero di averlo con me mi mandava fuori di testa, pensai che dovevo tenerlo per farlo vedere ai miei, come prova per dimostrare che non ero pazzo.
Neanche a dirlo, fu tutto inutile: quando tornai a casa, quando mi trovai di fronte ai miei per fargli vedere quel maledetto biglietto, non lo trovai più. Frugai un bel po’ tra le mie tasche, ma niente. Il foglio era scomparso. Risultato: anche se fecero di tutto per non darlo a vedere, feci preoccupare ancora di più i miei.

Quella sera, per stemperare l’atmosfera, mio padre ci portò tutti al luna park: me, la mamma e James. E devo dire che fu una continua a leggere…

Il ragazzo della stanza numero 16 (seconda parte)

…avevo degli amichetti nel Rhode Island, ma di sicuro una volta venuto qui non riuscii proprio a farmene di nuovi. Quel cambiamento non mi fece un granché bene e qui non trovai molta accoglienza. Trovai una mentalità contadina, molto provinciale, abituata ad avere paura del forestiero. Una volta bollato come quello “di fuori”, lo restai per sempre. Per reazione anche io mi chiusi al mondo. Se loro non mi volevano, allora non li volevo neanche io.
Non pensi, dottoressa, che la cosa sia stata difficile o molto triste. Non sono stato male senza amici. Diciamo che, quando ti abitui alla solitudine, alla fine non stai poi così male.
Ariel mi chiede di continuare con la storia del pacchetto regalo.
Pensai che aprire il pacchetto mi avrebbe aiutato a capire. Capire chi continua a leggere…

Il ragazzo della stanza numero 16 (prima parte)

1.
L’ennesimo dottore che vuole sentire questa storia. La mia storia.
Dottori, dottori, dottori…
Ormai non so più quante volte l’ho raccontata. A quanti medici l’ho narrata. Avrebbero potuto registrarmi così avrei risparmiato tempo e fiato, ma dicono che no, non è lo stesso. Vogliono sentirla da me, dal vivo. Vogliono guardarmi negli occhi e prendere i loro cazzo di appunti mentre gli racconto di come ci sono finito qui, in questo dannato posto.
Come sono ingenuo io. Stupido. A lungo ho sperato che il dottore di turno che voleva parlarmi, lo facesse per tirarmi fuori di qua. Che fosse venuto per salvarmi, perché magari mi credeva, credeva alla mia storia, perché voleva aiutarmi. I primi tempi ci speravo sul serio. Poi, invece, ho capito che continua a leggere…

Il Vento in una Stanza (seconda ed ultima parte)

2.
I medici dicono che tra venti giorni mi toglieranno le bende.
Non so il numero di operazioni che ci vorranno per far tornare al mio viso sembianze umane.
Sul comodino, vicino al letto, c’è un mazzo di fiori. Un penoso mazzo di fiori portato dai miei compagni di classe. Ipocriti. Per fortuna quando sono venuti dormivo e l’infermiera non mi ha svegliata. Se ne sono andati via subito. Ah, benedetti sedativi.

Casa non è crollata completamente, ma continua a leggere…

Il Vento in una Stanza (prima parte)

1.
Ho tappato ogni minimo buco, ogni fessura di questa dannata stanza e, mentre dico ciò, dovrei essere alla numero centosessantadue. Più o meno.
Centosessantatré.
Centosessantacinque.
Centosessantasei.
Credo di aver fatto un ottimo lavoro. Minuzioso.
Centosessantasette.
Centosessantotto.
Certo, per fare una cosa proprio precisa ci sarebbe voluto del silicone, ma io precisa non lo sono mai stata e così mi sono arrangiata con un po’ di continua a leggere…

BUKKAKE (seconda e ultima parte)

5.
Crescendo, iniziai a farmi un sacco di domande. Soprattutto su mio padre. Non so perché, ma non avevo verso di lui quella stima incredibile che provavano invece i miei fratelli e che li portava a prendere per giusto, vero e certo ogni cosa da lui pronunciata. Accumulai dubbi su dubbi.
Poi, un giorno, non resistetti più, così chiesi a nostro padre quello che forse non dovevo chiedergli. Gli chiesi come mai, visto che eravamo nobili, non abitavamo in una reggia o comunque in qualcosa di più lussuoso di un appartamento di trenta metri quadri in periferia, dove vivevamo compressati come clandestini in continua a leggere…

BUKKAKE (prima parte)

È opportuno che ognuno metta in conto che nella propria vita vedrà delle cose a cui non crederà. Siano esse belle o brutte, in ogni caso ci saranno cose che lo lasceranno sbalordito, a bocca aperta, e sebbene tutto ciò io l’avessi messo in conto, quello che vidi quando entrai in quella stanza fu qualcosa che neanche nel più terribile dei miei incubi avrei potuto immaginare.

1.

Qui ed ora, in questa sala d’attesa, senza quadri, senza una pianta e con solo tre sedie mezze arrugginite, penso. Penso al giorno del mio matrimonio. Più precisamente, alla sera del giorno del continua a leggere…