La Pupa

1.
Mia moglie è una stramaledetta stakanovista.
Ma non è mica stata sempre così.
Fino a circa un anno fa era una persona molto tranquilla ed equilibrata. Sì, è sempre stata una gran studiosa prima e una gran lavoratrice poi, ma in ogni caso era sempre riuscita a rispettare i confini tra vita privata e vita professionale. Da quando abbiamo ricevuto la risposta di certi esami però, tutto è cambiato. Quei confini sono stati definitivamente calpestati e ora, mia moglie, vive per lavorare.

Circa un anno fa decidemmo di avere un figlio. Il problema fu che dopo numerosi tentativi, Claudia non rimaneva incinta. Inizialmente entrambi pensammo che il problema fosse mio. Era semplice: visto che sono nato con un testicolo solo, ingenuamente pensavamo che i nostri problemi fossero dovuti a questa mia ‘mancanza’.
In ogni caso decidemmo di fare entrambi degli accertamenti.

Io fui il primo dei due ad avere una risposta.
Quando il mio medico mi consegnò i risultati delle analisi, mi disse subito:
“I tuoi spermatozoi sono in gran forma.”
Stando alle analisi, i miei piccoli girini erano addirittura leggermente più attivi della norma. Era strano quindi che Claudia non fosse ancora rimasta incinta. Sempre il medico mi disse poi che eravamo stati stupidi a pensare che fossi sterile solo perché avevo un testicolo invece che due. Mi spiegò che un solo ‘gioiellino’ può sostituire anche l’altro senza problemi. Infine mi congedò, inaspettatamente, con una squallida battuta che spesso avevo sentito dire dai vecchi al bar quando ero ragazzino:
“Era meglio se la natura ci faceva una palla e due cazzi, ma che vuoi farci…”.
Me ne andai dallo studio del dottore sereno per me, ma preoccupato per Claudia.

Mia moglie è considerata una luminare nel suo campo. Lei è Specialista in Ginecologia ed Ostetricia e Fisiopatologia della Riproduzione Umana. Si occupa di tutti gli aspetti diagnostici e terapeutici dell’infertilità di coppia. E’ considerata uno dei medici più esperti delle tecniche di fecondazione assistita. Quindi fu mia moglie ad analizzare la propria capacità riproduttiva, e fu sempre lei, una volta fatte le analisi, a dirmi in lacrime che non c’era nemmeno una remota possibilità che rimanesse incinta.
Quando mi disse così, io provai a dirle qualcosa di confortante, ma che cazzo potevo dire, in fondo l’esperta era lei in queste cose.

Da allora non fa che passare tutto il suo tempo al lavoro.
Ora è sempre in qualche super laboratorio di qualche mega ospedale specializzato in fecondazioni o cose simili.
Lavora, lavora e lavora.
Si è buttata a capofitto nel lavoro per non pensare alla sua sterilità. Lei, che ha reso e rende fertili decine e decine di donne.
E’ strano come la vita ti metta di fronte a certi paradossi.

Vorrei starle vicino, ma mi sfugge. Quasi non mi parla. Praticamente non mangiamo più insieme, e spesso rimane a dormire sul divano. In casa, più che vederla, la intravedo. Non c’è mai, e se c’è, passa il suo tempo in cantina dove non posso entrare perché la porta è sempre chiusa a chiave. Cosa faccia laggiù, per me, è un mistero.
Un po’ di tempo fa, forse qualche mese ormai, la nostra vicina di casa – una vedova tabagista sulla sessantina -, mi si avvicinò mentre stavo innaffiando delle rose. Dopo i soliti ed ipocriti convenevoli, mi disse:
“Signor Lorenzini, forse sarò indiscreta, ma non resisto dal chiederle una cosa…”.
“Mi dica.” feci io. Pensai volesse farmi una dalle solite domande inopportune che si fanno alle coppie senza figli, tipo: a quando un bambino? E invece disse:
“Che cosa ci fa con quegli strani apparecchi?”.
“Quali apparecchi?” chiesi io. Di cosa stava parlando?
La donna parve stupita dalla mia risposta.
“Come quali apparecchi? Quelli che hanno scaricato l’altro giorno nella sua proprietà, c’era sua moglie…”.
“Non ne so nulla…” mi lasciai sfuggire.
La signora ebbe un fremito: sapere che tra me e mia moglie ci fossero dei segreti evidentemente le aveva dato del buon materiale con cui sparlare con le altre pettegole del vicinato.
“Mi potrebbe spiegare meglio che cosa ha visto?” chiesi, fregandomene di aggiungere carne al fuoco.
Mi disse che due giorni prima aveva visto due furgoncini parcheggiati davanti casa nostra, da cui erano stati scaricati strani macchinari. La vicina specificò di aver sentito mia moglie dire agli uomini che avevano scaricato quella roba, di portare tutto in cantina.
La sera provai a chiedere spiegazioni a mia moglie, ma come risposta ricevetti solo il silenzio.

A dire il vero però, quando è in casa, non passa tutto il tempo in cantina, ogni tanto la trovo anche in veranda. In veranda lo so cosa fa: dipinge. Dipinge farfalle. Farfalle di ogni dimensione e colore. Farfalle bellissime.

2.
Le cose peggiorano. Mia moglie ultimamente non va più al lavoro, non dipinge più, e passa tutto il tempo in cantina. Credo che l’ultima volta che ha messo la testa fuori casa sia stato circa tre settimane fa.
Ho sentito sbattere la porta, così mi sono affacciato alla finestra e ho visto lei che con un retino rincorreva per il giardino i soggetti preferiti dei suoi disegni: le farfalle. Rideva, come una bambina, ma è stato inquietante perché in quel sorriso ho intravisto la follia. Poi dopo un’oretta è rientrata e si è barricata di nuovo in cantina.

In casa praticamente vivo solo. Perlomeno questa è la sensazione che ho. Nemmeno chiudo più la porta quando vado in bagno, infatti l’altro giorno è successa una cosa imbarazzante – e strana allo stesso tempo.
Ero in bagno, appunto, e mi stavo facendo una sega – sapete, per alleviare un po’ la mancanza di rapporti con mia moglie -, quando lei è entrata. Io mi sono sentito invadere dalla vergogna, lei invece, come se nulla fosse, si è avvicinata ed ha finito di masturbarmi. Niente di romantico, tutto molto asettico, freddo. Nemmeno un bacio. Se non fosse stato che mi teneva in astinenza sessuale da non so quanto, credo non sarei mai riuscito a venire. La cosa strana è stata che quando sono venuto, lei ha tirato fuori dalla tasca una provetta in cui ha inserito un po’ del mio seme. Poi senza dire niente, se n’è andata, lasciandomi lì come uno stupido.
Mia moglie è una stramaledetta pazza.
Devo procurarmi al più presto il numero di un terapeuta. Voglio andarci, spiegargli la situazione e sentire cosa ha da dirmi. Devo sapere come comportarmi. Non voglio perdere mia moglie.

3.
Non so cosa sia successo, ma oggi la porta della cantina è aperta. Non posso non andare a curiosare.

Scendo i gradini, e mi accorgo subito che la cantina non è più come me la ricordavo. E’ completamente trasformata. Non ci vuole molto per capire che mia moglie qui sotto ha allestito un laboratorio ultramoderno. E pieno di ampolle, microscopi, e mille altri oggetti ed apparecchiature – probabilmente quelle che aveva visto la vicina – che non conosco. Sembra il paradiso del Piccolo chimico.
Da una parte c’è una brandina, con accanto un tavolinetto con sopra i rimasugli di un frugale pasto. C’è anche una scrivania con sopra decine di libri, scientifici presumo. Alla parete è attaccata una lavagna con disegnate mille formule chimiche ed altre cose indecifrabili per chi, come me, non ha mai studiato materie scientifiche.
Mia moglie è una stramaledetta studiosa.
Su un tavolo, c’è un grosso barattolo di vetro chiuso con una garza bucata: dentro c’è una farfalla. Mi avvicino e la osservo: ha le ali bianche, candide, con un solo neo nero nella parte alta. Il corpo è anch’esso bianco, ma di una tonalità più scura. Guardarla da così vicino mi fa pensare alla perfezione delle cose. Resto incantato dalle piccole venature delle ali, dalla finissima polvere di cui è ricoperta, dalle antenne, da quel minuscolo corpicino che ha. Resterei a guardarla ancora, se non fossi attirato dalla luce che proviene dalla porta che dà sul retro. Infatti la porta è aperta. Faccio per uscire quando qualcos’altro cattura la mia attenzione: per terra, c’è una specie di cabina telefonica, in miniatura. Sarà un metro per un metro. Ha i vetri oscurati, ma non ho problemi a vederne l’interno perché lo sportello sul davanti è aperto. C’è un qualcosa dentro. Ha la forma di un fuso, ed è formato da uno strano materiale, che sembra lana, ma che non lo è. Quel qualcosa è poco più piccolo della cabina che lo contiene e resta appeso all’estremità superiore della cabina grazie ad un piccolo filo dello stesso materiale. Ricorda vagamente quegli alveari giganti che si vedono nei cartoni dell’orso Yoghi. Un alveare squartato dallo stesso Yoghi, però, perché c’è un grosso squarcio nel bel mezzo di quella cosa. Sto per toccarla, ma sento dei rumori provenire da fuori.
Esco, e per un po’ resto accecato dalla forte luce del sole primaverile. Sento l’odore dell’estate che s’avvicina.
Appena i miei occhi si riprendono, vedo qualcosa di incredibile.
Non riesco bene a distinguere se ciò che vedo sia un’allucinazione o se sia la realtà:
a poca distanza da me c’è una splendida bambina con il corpo di una farfalla. Sembra un angelo.
Conscio di non esser sotto l’effetto di un LSD, capisco che la scena che ho di fronte è reale: una bambina, con il corpo di una farfalla, muove le ali che ha attaccate alle braccia. Prende per un po’ il volo, poi ricade. La osservo bene. Le ali sono perfettamente attaccate al suo corpicino, sono un tutt’uno. Dalla sua testolina spuntano due minuscole antenne. Le sue ali sono bianche, candide, con un solo neo nero nella parte alta.
Tenta un po’ di volte il decollo. Cade e ricade. É goffa e tenera allo stesso tempo.
Finalmente riesce a spiccare in volo. Descrive una strana geometria in cielo, poi ritorna in basso. Mi viene davanti e rimane in volo a circa due metri da terra. Mi sorride. Riconosco le stesse fossette che si formavano sulle guance di Claudia quando sorrideva. Ha pure una voglia rossa sopra l’ombelico, proprio come me. Mentre rispondo al sorriso, sento prendermi la mano. Mi giro e c’è Claudia che sorride. Ecco le sue fossette, sono tornate.
Mi abbraccia e mi bacia.
Poi mi sussurra: ”Scusa se in tutto questo tempo…”
Io l’interrompo dicendole:
“Lascia stare…”
Ci voltiamo entrambi verso nostra figlia.
Mia moglie è uno stramaledetto genio e mia figlia, una strabenedetta farfalla.

FINE

VERSIONE INGLESE: THE PUPA

Creative Commons License
LA PUPA by JACOPO MAROCCO is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported License.
Permissions beyond the scope of this license may be available at JACOPO_MAROCCO@LIBERO.IT.

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